venerdì 1 luglio 2016

Che cosa siamo, che cosa non siamo

I racconti per uno scrittore sono il cabarè di dolci del pasticcere: prelibatezze da gustare all'istante perché nati da particolari momenti d’ispirazione. È inutile dire che i più grandi autori della letteratura di tutti i tempi si sono cimentati con questa forma breve di narrativa. Una forma che non sempre è apprezzata dal mercato editoriale. Se poi a proporre una raccolta a un qualche editore è un esordiente misconosciuto, la speranza che sia pubblicata è la stessa dell’ateo che vorrebbe credere alla liquefazione del sangue di San Gennaro. Nonostante ciò il valore letterario del racconto non è mai stato messo in discussione. Se così non fosse, l’Accademia di Stoccolma non avrebbe mai assegnato il Nobel ad Alice Munro nel 2013.

Nella stringatissima raccolta di Gianluca Massimini, autopubblicata, non troviamo certo la raffinatezza di un Gogol’ (citiamo il grande scrittore russo tanto per volare alti), ma c’è comunque una tensione liquida nel voler raccontare la contemporaneità. Otto i racconti che Massimini ha messo insieme: Che cosa siamo, che cosa non siamo che ha dato il titolo alla silloge; Il tempo passa, le cose cambiano; La ricerca del piacere; Quel giorno; Quando ho trovato un lavoro; Mi basto da sola; Di nuovo a casa; La casa sul mare. Uno dei meriti dell’autore è certamente quello di aver voluto, da uomo, affrontare apertamente quel sentimento di misoginia strisciante che sempre si nasconde nell'animo di chi sente di appartenere al genere maschile. E, infatti, protagoniste delle storie di Massimini sono le donne, per lo più giovani. Donne che amano, soffrono o alla ricerca di un’indipendenza che agli uomini sembra essere concessa sin dal loro primo vagito.
L’autore sonda la fragilità di un amore reso acerbo dalle insicurezze degli uomini, come nel primo racconto. Oppure si spinge contro un’etica della famiglia ormai annacquata, come nel secondo racconto. Qui l’autore mette in scena la morte del matrimonio e la rinascita alla vita fedifraga, in cui una moglie e un marito, per tornare a essere sereni, si abbandonano con reciproca soddisfazione a relazioni extraconiugali: “Nulla era più dolce di quella loro situazione, del loro accomodamento. Erano sempre solari e difficilmente si arrabbiavano. Anche il vivere assieme non parve più un peso. L’affetto e la comprensione tra loro tornarono sinceri. Quando uscivano insieme per forza, per qualche motivo, erano una coppia così bella da sembrare quasi vera”.
C’è un altro tema caro all'autore, un tema di grande attualità che è quello del lavoro. Il lavoro che quando c’è non va incontro al propagandato modello di famiglia e quando non c’è, quasi un paradosso, trova in quel modello l’unico baluardo che resta per affrontare le difficoltà della vita. Il riferimento è ai racconti Di nuovo a casa e Quel giorno. Si tratta solo di un’apparente contraddizione, perché a leggere tra le righe, Massimini strappa dalla faccia di una società perbenista e compunta la maschera dell’ipocrisia svelandone le contraddizioni.
Un po’ fuori schema è Quando ho trovato un lavoro, che ricorda vagamente certe ambientazioni di Bukowski. In questo racconto ci troviamo faccia a faccia con una delle donne di Henry Chinaski, una donna che finalmente dice la sua.
Pur nell'apprezzamento generale dell’opera non è possibile non spendere qualche riga sullo stile della scrittura. Massimini utilizza frasi lunghe, piene di incisi e subordinate. Pochi i dialoghi diretti, camuffati dallo stratagemma del discorso indiretto libero. Uno stile affascinante tipico dei romanzi visionari di José Saramago, ma Massimini, è bene ricordarlo non è la reincarnazione dello scrittore portoghese. La sua scrittura dunque può piacere e allo stesso tempo disturbare. Tanto per intenderci, nel leggere Che cosa siamo, che cosa non siamo non ci si trova di fronte all'efficace minimalismo di Carver.
Infine consiglierei all'autore di ampliare la raccolta. Otto racconti sono davvero pochi. Dovrebbe aggiungere parecchie “bistecche” al grill stando attento a non mischiare la carne. Una più copiosa raccolta, ben suddivisa e immaginata come un concept, potrebbe sicuramente avere delle chance se inviata alla casa editrice giusta. E non sarò certo io a suggerire a Massimini la nascita di Racconti Edizioni, una nuova casa editrice romana, che pubblica, per l’appunto, solo racconti. 


Ivan Bavuso   






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