L’anno prima aveva
partecipato allo stesso concorso di bellezza, ma non era neppure riuscita a
piazzarsi tra le prime cinque, nonostante fosse più alta di tutte le altre
partecipanti e nonostante la sinuosità delle sue curve fosse la più conturbante,
non era salita sul podio. Quella volta, i giurati, non avevano apprezzato
l’eccessiva disinvoltura della ragazza che aveva sfoderato, in modo
eccessivamente superbo, tutte le sue armi di seduzione per una manifestazione
circoscritta ad una piccola località balneare. L’avevano trovata certamente
bella, ma un tantino volgare rispetto alle altre ragazze più modeste e
simpatiche. Quanto ad Elena, non aver raggiunto la finalissima, era stato
motivo di sconvolgimento. Considerava quel verdetto inaccettabile e dopo la
premiazione volle chiederne ragione.
Un vecchio professore
in pensione, che s’era prestato al gioco e che era stato nominato presidente
della giura, vedendola così tanto risentita volle continuare a prenderla in
giro:
«Vede signorina lei è
davvero la più carina, ma purtroppo la sua abbronzatura lasciava un pochino a
desiderare…troppo bianca signorina…troppo bianca…se avesse preso più di
sole…ecco, forse…anzi sicuramente avrebbe vinto lei!»
Fu così che l’anno
seguente, Elena decise di non arrivare impreparata all’appuntamento con il
concorso del “Bagno 46” .
Già alle prime calde giornate d’aprile
si sdraiava in giardino in costume e si ricopriva quasi integralmente di una
crema abbronzante vischiosa e puzzolente; maggio e giugno fu lo stesso,
nonostante gli impegni sempre più pressanti della maturità. Si portava i libri
fuori e studiava sotto il sole battente. Terminati gli esami e conseguito il
diploma, il mare l’aspettava. E se al concorso ci fosse stato ancora quel
vecchio baggiano di professore gli avrebbe fatto vedere lei cos’era
un’abbronzatura.
La prima volta che la
ragazza si recò in spiaggia sembrava già una bella mulatta. Anche al mare però
non rinunciò mai alle sue ore di abbronzatura forzata. La pelle le si era così
tanto imbrunita da sembrare quella d’un dattero, eppure, nella sua giovinezza,
nonostante l’epidermide fosse ormai diventata più simile al cuoio, quegli
effetti non l’avevano resa meno bella. Andava somigliando sempre più ad una
regina esotica, una Cleopatra in costume e ciabattine. Giunse il giorno del
concorso e questa volta fu riconosciuta come la più bella di tutte. Per lei la
felicità più grande.
Poi l’estate era
terminata ed Elena iniziò a frequentare il primo anno d’Università. Una mattina
si svegliò che aveva un fastidioso prurito alla scapola destra. Andò in bagno
ed esaminò allo specchio quella parte del suo corpo. Una macchia blu, della
circonferenza di cinque o sei centimetri, era apparsa intorno al piccolo
disegno tribale che s’era fatta tatuare in occasione del suo diciottesimo
compleanno. Alle estremità della macchia viola s’era formata come una piccola
crosta che subito stillava sangue se grattata con un po’ d’energia. I suoi
genitori, allarmati, la portarono immediatamente da un amico dermatologo che
consigliò loro un ricovero ospedaliero per una serie d’esami d’accertamento.
In ospedale Elena,
mentre era stesa a pancia sotto sul freddo piano metallico del macchinario,
pensava a quella stupenda estate quando era riuscita a strappare il titolo di
“Miss Ondina” alle concorrenti. Era il solo modo che aveva trovato per non pensare
alla macchia viola. Qualche giorno dopo, nella sala d’aspetto del primario,
Elena era silenziosa e non pensava più a nulla. Aveva paura. Il primario da lì
a qualche minuto l’avrebbe chiamata dentro e l’avrebbe ricevuta insieme ai suoi
genitori rivelandole l’esito degli accertamenti. Ancora una volta in sospeso.
Ancora una volta ansiosa. Ancora una volta con le dita incrociate.
«Chissà, se l’anno
prossimo ci sarà ancora il concorso?”» si chiese un attimo prima che la porta
dello studio venisse spalancata. E mentre esitava, si persuase che ci sarebbe
stato, che il concorso, quello, sarebbe stato organizzato come ogni anno…
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