mercoledì 5 febbraio 2014

ODISSEA COLLINARE di Michele Amedeo

Per la prima volta viene pubblicato su questo blog un contributo esterno. Speriamo sia il primo di una lunga serie. "Odissea Collinare" è un breve racconto alla Lansdale pieno di sarcasmo con un tocco di horror.
I.B.




Fermati! gridò la moglie.

Il marito inchiodò in mezzo alla strada che serpeggiava tra le colline “Che c’è ?” chiese confuso.

Che c’è ? Lo vedi quel cartello laggiù ?”

Lui parve non capire. “C’è scritto Poggio Peggio”.


“Giusto, e sai questa cosa significa ?” Non vedendo nessuna reazione sbottò “significa che ci siamo persi, idiota! Non c’è nessun Poggio Peggio su questa maledetta cartina!”

Gliela gettò addosso stizzita. Lui guardò distratto il foglio spiegazzato e poi fissò attraverso il parabrezza il sonnolento panorama estivo dell’entroterra romagnolo.

“Non è colpa mia se il navigatore è andato in tilt ..”

“Mi avevi detto che le mappe erano aggiornate e sarebbe stato un gioco da ragazzi arrivare a Verucchio!”

Lui parve riflettere. “Forse ho sbagliato all’ultimo bivio o a quello prima…”

“Sei un deficiente! Dicevi che sarebbe stato un weekend rilassante. Non potevamo andare a Rimini? E poi la mamma soffre questo caldo terribile…”

Lui si voltò e vide la suocera obesa rossa in viso e ansante, costretta sul sedile posteriore della Panda.

“Non potevo prevedere che il condizionatore si sarebbe guastato…”

Lei lo guardò disgustata. “Sei un incapace!. Guarda dove siamo finiti…. in mezzo al nulla, neanche un cane a cui chiedere informazioni. A quest’ora potevamo essere in spiaggia e mamma poteva riposarsi lo sai che soffre di ipertensione. Tu e le tue gite culturali! A Verucchio c’è la rocca, il museo archeologico bla, bla, bla…”

“Ho trovato un bellissimo hotel 4 stelle, una dimora del 1700 ristrutturata…” interloquì lui timido

“La cosa che avrebbe urgente bisogno di ristrutturazione è il tuo cervello” ribadì lei acida.

Lui sbuffò. “Insomma sto facendo del mio meglio, adesso vedrai che…”

Lei non lo ascoltava più. Lo sguardo era fisso sul pendio che si ergeva a destra della strada.

“Una casa!” gridò.

“Come ?”

“Una casa, là in alto!”

Lui si sporse verso il sedile del passeggero e la vide. Una piccola costruzione bianca spiccava nel verde uniforme della vegetazione collinare.

“Vado a chiedere” disse lei aprendo di scatto la portiera ammaccata.

“Clotilde… aspetta” ma già arrancava sulla salita erbosa con I tacchi a spillo che affondavano nel terreno. A metà della salità udì dei grugniti soffocati e voltandosi vide che la suocera, districatasi dall’abitacolo pandesco, arrancava verso di loro sudando e sbuffando.

Si ritrovarono tutti e tre nel piccolo spiazzo erboso davanti alla costruzione. Di fianco stava un fienile malandato. Si guardarono attorno ansanti. Non c’era nessuno in vista. L’aria vibrava solo per il pigro ronzio dei calabroni.

“Ehi …c’è qualcuno ?” chiamò la moglie.

“Sembra abbandonata” disse il marito.

“Cosa dici, cretino? Non vedi come è tenuta bene?” disse lei, guardandosi intorno con le mani piantate sui fianchi. “C’è qualcuno ?” a voce più alta.

Alcune figure uscirono dalla porta spalancata del fienile. Indossavano cenciosi abiti da contadini e cappellacci sgualciti. Ai piedi portavano per lo più scarponi sfondati.

Poteva anche essere una situazione normale. Potevano anche sembrare abbigliati come ci si aspetterebbe da contadini che abitavano la zona, se si escludeva il fatto che gli occhi erano pozzi vuoti, la pelle cascava a pezzi e emettevano versi inarticolati. Protendevano mani a artiglio verso di loro, camminando in modo barcollante e scoordinato.

“Oh…” la moglie svenne tra le braccia del consorte. Lui sentì altri rumori alle spalle e vide altre figure macilente scendere I gradini della veranda.

La suocera emise uno strillo da forare I timpani. Lui la guardò, poi guardò lo zombie più vicino e poi di nuovo la grassona. Non riusciva a decidere cosa fosse peggio, poi stabilì che la suocera era senz’altro inarrivabile. Lasciò andare la moglie che cadde mollemente sull’erba e fuggì verso l’auto.

Quando fu sulla strada vide che il banchetto lassù era incominciato. Vide un bambinetto nero e scheletrico addentare un polpaccio tornito della moglie. Urla da maiale sgozzato arrivavano fino a lui trasportate dall’aria tersa. Nessun non-morto si era preso la briga di seguirlo, del resto la provvista di carne era abbondante, soprattutto grazie alla generosità della suocera.

Rimise in moto l’auto e si avviò, dopo qualche chilometro vide una ragazza con abbigliamento da escursionista che faceva l’autostop e accostò. Abbassò il finestrino.

“Serve un passaggio ?”

“Devo andare a Verucchio” disse lei sorridente. Aveva corti capelli biondi e lunghe gambe abbronzate. “Fa un caldo oggi…”

“Stessa destinazione, sali dai …”

“Grazie. Se non sei pratico della zona, conosco una scorciatoia e in una ventina di minuti arriviamo”

“Bene” disse lui ricambiando il sorriso “per fortuna ti ho incontrata. Mi ero appena perso”.

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